domenica 29 maggio 2016

Recensione - La Chiamata dei Tre di Stephen King (Torre Nera #2)

Il Medio-mondo ci richiama a sé. È giunto il momento di abbandonare le nostre comode poltrone per sedere sulla sabbia del Mare Occidentale che brilla ai raggi di Luna. È giunto il momento di affidarsi da Fedeli Lettori (come io sono, e spero siate o sarete anche voi) alla fantasia di Stephen King, e calpestare ancora il suolo del sentiero che porta alla Torre Nera.

La Torre Nera quando ci abitava Saruman
L’altra volta il libro non aveva fatto una gran figura. Come siamo messi a questo giro? Scopriamolo subito. Seguiamo Roland nel secondo volume della saga, La chiamata dei tre.
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Titolo: La chiamata dei tre
Autore: Stephen King
Anno: 1987
Editore: Sperling & Kupfer
Pagine: 345


 
TRAMA

La chiamata dei tre comincia esattamente dove era terminato L’ultimo cavaliere. Roland ha tenuto il suo conciliabolo con Walter l’uomo in nero e al suo risveglio lo ha trovato morto, ridotto a un mucchio d’ossa. Roland ha ancora in mente quello che Walter gli ha predetto, ovvero l’incontro con tre bizzarre figure: il Prigioniero (rappresentato sulle carte che Walter ha usato per la sua predizione come un uomo con una scimmia avvinghiata al collo), la Signora delle Ombre (rappresentata come una donna con due volti) e infine la Morte, “ma non per te, pistolero”, come sottolinea l’uomo in nero.

Dicevo, Roland si sveglia sulle rive del Mare Occidentale e viene aggredito da un mostro simile a un astice, battezzato aramostra. La battaglia, che vede vincitore il pistolero, lo priva però di alcune dita della mano destra.

Proseguendo lungo la spiaggia, Roland trova una porta, con sopra scritto “Il prigioniero”. Questo è il primo dei tre varchi che Roland troverà nel libro, varchi che lo conducono nel nostro mondo in tempi e luoghi diversi. Ciascuna porta fa arrivare Roland presso la persona che è destinata a seguirlo nel suo cammino: prima il Prigioniero quindi, poi la Signora delle Ombre e infine la Morte. E La chiamata dei tre è proprio il racconto dei viaggi di Roland nel nostro mondo per raccogliere i suoi futuri compagni.

LA MIA OPINIONE


Se L’ultimo cavaliere è il libro che introduce la storia, La chiamata dei tre è quello invece che presenta la maggior parte dei personaggi comprimari. Qui dunque la trama più che svilupparsi si amplia. Roland si avvicina ben poco alla Torre Nera; più che altro si va a delineare il gruppo di personaggi che sarà protagonisti dei libri successivi.

E già da qui si può notare la prima grande differenza rispetto a L’ultimo cavaliere, dove Roland è da solo (oppure insieme a personaggi dello spessore di un foglio di carta) per praticamente tutto il tempo: ne La chiamata dei tre gli vengono affiancati altri personaggi. E questo significa che l’attenzione si focalizza non solo sul pistolero, ma anche su di loro. Che non può essere che qualcosa di positivo.
Un'aramostra in un cameo in Hunter x Hunter

Avevo detto l’altra volta che Roland era alla fin fine uno stereotipo antipatico. Bé, il Roland di questo volume ha una grossa crescita e cambia molto rispetto a quello de L’ultimo cavaliere. Non siamo ai livelli dei libri successivi, ma ovviamente come ogni cambiamento anche quello di Roland è graduale.

Che cosa origina questo cambiamento? Principalmente il fatto che il pistolero si trovi a dover convivere con personaggi che non sono buttati lì a caso senza un carattere come nel libro precedente ma con personaggi veri, complessi e anche molto diversi da lui.

Per cui sì, i personaggi sono il primo grande pregio de La chiamata dei tre. Sono davvero approfonditi, non sono né macchiette né stereotipi, né sono antipatici o banali. Sono personaggi con una storia e un passato che li ha influenzati, sono personaggi veri, concreti, vivi. Sono i personaggi che mi aspetto da Stephen King.

I coprotagonisti che vengono introdotti sono due:Eddie Dean e Odetta Holmes. Non voglio entrare negli spoiler, ma qualche parola su entrambi è d’obbligo.

Eddie Dean è un dipendente, dipendente tanto dall’eroina quanto da suo fratello Henry, anche lui eroinomane. È da tutta la vita che a Eddie è stato ripetuto di essere inferiore a suo fratello, e di dovergli molto, poiché si è sempre fatto in quattro per lui. Proprio per questo Eddie non ha mai tentato realmente di staccarsi da Henry, anzi, lo ha seguito in tutto, anche nei suoi vizi. Come appunto la droga. Sarà proprio l’intervento di Roland a far capitolare la sua vita fino a punti ai quali non avrebbe mai pensato. Come dicevo prima non dirò molto per evitare spoiler, basti sapere che le cose per Eddie precipiteranno a rotta di collo verso il peggio nel giro di meno di un giorno.

Eddie Dean prima di drogarsi faceva il cantante folk
Ecco, io adoro Eddie. Eddie è simpatico, diretto, un po’ scorbutico, cocciuto, e anche discretamente intelligente. Eddie ha sempre la battuta pronta, è davvero pieno di risorse, e possiede una buona dose di coraggio. Ha un linguaggio tutto suo, adora inventare nomi strani e frasi a effetto. Eddie è un personaggio che non mi  è stato simpatico fin dall’inizio, sulle prime lo trovavo un po’ asettico e fondamentalmente anche un po’ stupido. E per certi aspetti sulle prime appare così. Ma mano a mano che lo si conosce basta poco a trovarne i lati positivi. Alla fine, posso dire che tra i personaggi di tutti i libri Eddie sia in assoluto il mio preferito, quello che è sempre in grado di farmi sorridere appena apre bocca.

Eddie è anche il responsabile dell’inizio del cambiamento di Roland cui accenno poche righe sopra. Eddie è infatti profondamente diverso da Roland. Dove il pistolero è pragmatico (più volte di lui si dice che manca di immaginazione) e taciturno Eddie è sognatore e chiacchierone. Roland calcola quello che dice, Eddie parla spesso anche a vanvera. Roland ha un obiettivo che seguirà anche a costo della vita e dei forti valori, Eddie non sa bene dove dirigere la sua vita (e di conseguenza è anche ben poco incline a organizzare e a badare al futuro). Ecco, questo contrasto è un vero toccasana. Eddie bilancia Roland, il quale non solo appare meno antipatico perché limitato dal suo opposto, ma anche è costretto a mettere da parte molto spesso la sua arroganza per andare incontro al suo compagno, e per creare un legame con lui. C’è una scena nella quale è Roland stesso a dire a Eddie che si fida di lui al punto da sapere che, nonostante ne abbia l’occasione, non lo ucciderà. E lo dice a un Eddie che è appena stato trasportato in un altro mondo e il cui unico desiderio è tornare a casa a farsi una dose. Non è scontato per niente che la fiducia di Roland sia ben riposta. Di certo è un gesto che non ci si aspetta per niente dal personaggio che nel libro precedente aveva così tanto calore umano nei confronti degli altri da uccidere sessanta e passa persone senza neppure provare rimorso!

Il fratello di Eddie
Quindi non solo è un gran personaggio, ma aiuta anche Roland ad aprirsi agli altri e in questo modo lo rende un personaggio decisamente più piacevole. Lo rende quel personaggio che nei libri successivi riuscirà a guadagnarsi il rispetto non solo dei personaggi, ma anche del lettore (o almeno, il mio rispetto lo ha guadagnato). Il personaggio che ha reso anche un po’ mia la sua ricerca. Il personaggio con cui sono stato fin proprio alla fine.

L'altra new entry del libro è Odetta Holmes. Odetta viene dalla New York del  1964, ed è una ragazza nera e senza gambe. E si può facilmente capire che nell'America di quegli anni non se la passi  proprio benissimo.

Odetta è una persona  dolce, decisa e coraggiosa. Ha grande iniziativa e mette tutta sé stessa  in quello che fa, ha forti valori personali e ci crede intensamente. Ha anche una doppia seconda personalità, Detta Walker, che è una pazza furiosa  acida, astuta e cattiva con un forte odio verso i bianchi (che con inimitabile  grazia chiama “stinti cazzuti”) e che, oltre all'abitudine di compiere piccoli furti in gioiellerie e adescare  ragazzi bianchi per poi lasciarli nudi e con un palmo di naso nel momento clou dell'appuntamento, vorrebbe ammazzare più o meno tutte le persone che le si oppongono  o che la costringono a fare qualcosa (infatti nutre un odio profondo verso Roland, che l'ha trascinata  nel suo mondo contro la sua volontà). E quando si mette in testa che vuole ammazzarti è parecchio difficile farle cambiare idea. Così, tanto per gradire.

Odetta a prima vista pare essere caratterizzata in modo più abbozzato che Eddie. Ha una personalità, certo, ma è molto meno sfaccettata degli altri. Questo all'apparenza. E in realtà è un'impressione che ho avuto per i tre libri successivi. A tutto questo c'è un ma. Mi sono accorto dopo che fino al sesto libro le scene che sono narrate dal punto di suo punto di  vista sono in realtà pochissime.  È appunto da La canzone di Susannah che il point of view di Odetta comincia a essere utilizzato in modo costante. E infatti da La canzone di Susannah quell'impressione mi è sparita.

Perciò, l'unico motivo per cui Odetta appare meno sfaccettata di Eddie e Roland è soltanto perché ha in effetti molto meno spazio di loro  all'interno della narrazione.

Ah, Detta Walker è anche l'antagonista della seconda parte del romanzo. Scelta più che azzeccata, perché è un avversario davvero ostico da gestire per Roland ed Eddie. Se le ultime centocinquanta pagine del romanzo si sfogliano da sole è anche perché è davvero interessante scoprire che cosa farà e come i protagonisti potranno sconfiggerla.

Le aramostre nella vita privata
spaventano gente in mutande
Quindi sì, seguire le vicende di Roland, Eddie e Odetta è davvero interessante, anche perché, e questo è un grande pregio, i personaggi compiono scelte che non sono necessariamente le più intelligenti e sensate ma sono loro personali e proprie. Per esempio, a tre quarti della storia Eddie fa una cosa stupidissima che Roland aveva passato metà del tempo a dirgli di non fare. Eppure quando succede non ho pensato che Eddie fosse stupido o che. Ho pensato che visto il carattere di Eddie e visti gli eventi quella che prende è sicuramente la  decisione più naturale e coerente con la sua personalità. E questo non può che essere  indice di realismo e profondità del personaggio. E della solita ottima caratterizzazione.

Eddie e Odetta sono vivi. Non sono stereotipi, non sono perfetti. Sono persone con una storia, con i loro problemi, con le loro imperfezioni, le cose che amano e le cose che odiano. Sono personaggi con un passato e un presente difficile, che riescono a far sì che il lettore faccia anche un po' propria la loro storia. Sono persone che uno desidererebbe incontrare per strada. Io vorrei conoscere Eddie. Sono personaggi come Stephen King sa creare.

A questi personaggi così ben delineati si affianca una trama di livello altrettanto alto. E questo va positivamente contro le mie aspettative. Infatti, quando ho capito come si sarebbe svolto il romanzo (ovvero che sarebbe stato tutto incentrato su Roland che trova le tre porte e raccoglie i suoi compagni, la prima cosa che ho pensato è stata che il tutto sarebbe stato molto ripetitivo, con lo schema trovo una porta - entro - trovo il mio futuro compagno - questo ha un problema  - lo risolvo – mi segue. Ecco, sono stato piacevolmente sorpreso perché la principale caratteristica della trama è l'imprevedibilità. Non c'è nessun viaggio nel nostro mondo che sia uguale agli altri, non c'è nessun incontro con un futuro compagno che sia uguale agli altri, non c'è in sostanza nessuna situazione potenzialmente ripetitiva che di fatto lo diventi. A ogni pagina non si sa mai che cosa possa succedere la pagina successiva. La trama prende svolte imprevedibili spesso anche una dietro l'altra. Leggere diventa sinceramente un piacere. Voglio dire, in certi momenti leggevo e non riuscivo a staccarmene tanto non vedevo l'ora di sapere che cosa sarebbe successo. 

La chiamata dei tre (come suppongo ormai si sarà capito) è un romanzo di tutt'altro livello rispetto al suo predecessore. Dove L'ultimo cavaliere aveva una trama piatta La chiamata dei tre diventa imprevedibile e sorprendente. Dove il primo aveva personaggi piatti o mal caratterizzati il secondo trova in personaggi sfaccettati, realistici e coinvolgenti il suo punto di forza. Dove il primo non riusciva a coinvolgere il secondo presenta delle storie che non possono che coinvolgere il lettore fino a fargli credere di farne un po' parte anche lui. Dove il primo veniva bocciato, il secondo trionfa.

La scrittura è decente. Dal volume successivo crescerà decisamente, ma si mantiene  qui comunque su livelli più che discreti. È accettabile , anzi, forse, visti gli altri pregi, è l'elemento di livello un pochettino più basso. Ma resta comunque dignitosa e per nulla brutta. 

Qualcosa che non mi è piaciuto comunque c'è. Poca roba, ma comunque la segnalo.


[SPOILER] La storia d'amore tra Eddie e Odetta non è tirata. Di più. Dai, si conoscono da qualche giorno e tre quarti del tempo Odetta dormiva per lasciare spazio alla sua altra personalità, come cavolo fanno già ad amarsi in eterno forever and ever? Poteva decisamente essere resa meglio questa parte, si poteva aumentare lo spazio di risveglio di Odetta senza che la trama e la tensione ne perdessero troppo. Che poi se uno va a vedere loro due insieme non sono né eccessivamente melensi (a parte quando Odetta lo chiama zuccherino, che non so se sia una scelta del signor Dobner, traduttore anche di questo secondo volume, o sia King stesso che in inglese usa l'esatto corrispettivo di zuccherino, ma fatto sta che comunque è orrendo e inascoltabile come vezzeggiativo) né tirati per i capelli: si completano a vicenda e i loro caratteri stanno bene insieme. Quello che suona male non è la storia d'amore in sé, quanto il fatto che si parlino due ore e poi scoppi tra di loro l'Amore Imperituro che-non-ci-lasceremo-mai. [SPOILER] 

Poi c'è un piccolo momento che mi ha lasciato perplesso. È una frasetta, non va a influire nelll'economia del libro. Ma la dico lo stesso.

È notte. Roland sa che Detta tenterà di rubare le pistole  che ha Eddie. Vuole far sì che lei le rubi, ma sa che non lo farà mai finché lui dorme e se farà fintà non riuscirà mai a ingannarla. Perciò che fa? Questo:

Quando lo sguardo di lei si spostò su di lui, il pistolero non finse di dormire perché si sarebbe accorta dell'inganno: perciò si addormentò davvero. Quando sentì che guardava altrove si svegliò

Cioè, io non so come dorma Stephen King, ma davvero pensa che ci si possa addormentare e svegliare a comando?

Comunque, come dicevo, queste ultime cose che ho segnalato non mi hanno dato particolarmente fastidio. Sono note stonate in una sinfonia che per il resto funziona benissimo, quindi ha poco senso dar loro troppo peso.

"Finalmente una recensione positiva! Che bello!"

IN CONCLUSIONE


Ho già parlato a sufficienza, direi. Che altro resta da aggiungere? Che La chiamata dei tre è davvero un ottimo romanzo in sé, non solo se rapportato al suo predecessore. È un romanzo che conquista, che mette sulla scena situazioni dai risvolti imprevedibili e personaggi davvero ben caratterizzati. È il romanzo che mi aspettavo dallo stesso autore che ha scritto It, per esempio.  È davvero un'ottima lettura, non è neanche molto lungo e scivola via come se nulla fosse. Io l'ho letto in tre giorni, leggendo anche mentre aspettavo di essere interrogato per un esame (quando magari ci si aspetta che uno legga altre cose, tipo gli appunti che aveva studiato per la prima volta un'ora prima perché aveva dimenticato di farseli passare). Provatelo, anche se siete stati delusi dal volume precedente, ed entrerete con piacere nel mondo della Torre Nera.

VOTO:

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