mercoledì 8 marzo 2017

Recensione - La Torre Nera di Stephen King (Torre Nera #7)

Siamo giunti al gran finale. Chi se lo aspettava, eh? Io no di sicuro, a un certo punto mi ero convinto che le recensioni della Torre Nera sarebbero rimaste ferme a metà. Fortunatamente non è così, e quindi potete avere anche voi lo stesso onore di Eddie, Susannah, Jake e Oy, lo stesso onore che ho avuto io e che hanno avuto tanti altri Fedeli Lettori in tutto il mondo. Seguire Roland fino alla fine, fino in cima alla Torre per scoprire che cosa essa ha in serbo per il pistolero.

Parlare non serve. Immergiamoci nella storia.
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Titolo: La Torre Nera
Autore Stephen King
Anno: 2004                                                         
Editore: Sperling & Kupfer
Pagine: 803




TRAMA 

Siamo alle battute finali della storia. Padre Callahan, Jake e Oy si infiltrano nel Dixie Pig per salvare Susannah e impedire la nascita di Mordred, figlio di due padri (Roland e il Re Rosso) e di due madri (Mia e Susannah). Ancora separato da Roland ed Eddie, e presto diviso anche da padre Callahan, che si ferma a combattere i vampiri per coprirgli le spalle, Jake si trova a introdursi solo con Oy nella tana del nemico, dovendo affrontare il ka-tet dei suoi scagnozzi.

Nel frattempo Roland ed Eddie si trovano ancora nel Maine, nel quando in cui hanno incontrato Stephen King. e devono ritornare al più presto a dare man forte al resto del ka-tet. Non prima, naturalmente, di essersi assicurati che il terreno con la rosa, il terreno che ospita uno degli ultimi Vettori ancora in piedi, possa ricevere protezione e difesa dagli uomini del Re Rosso e dall’associazione che questi controlla e attraverso la quale agisce nel mondo che noi tutti conosciamo. 


LA MIA OPINIONE


Leggete La Torre Nera. Qualunque giudizio io possa esprimere qui in questa recensione sarà sempre e comunque riduttivo rispetto a quello che è il libro. Leggetelo perché è un’esperienza che non vi capiterà più nella vita. Questo è il vero Stephen King, lo stesso di It, lo stesso di Misery, quello che sconvolge, che fa amare i personaggi come amici di vecchia data, che si fa odiare per quello che succede nella storia, quello che conquista e non lascia andare, che apre mondi dai quali non vorresti andare mai via, che fa compiere viaggi verso confini che mai nessuno avrebbe immaginato, che ti porta in cima alla Torre Nera solo per farti scoprire che c’è ancora una porta da attraversare.

Ho adorato questo libro. L’ho adorato pur detestando quello che succedeva in certi punti, pur avanzando a stento in certi altri che proprio non volevo leggere, pur trovandomi avvolto da cappe di malinconica solitudine mano a mano che proseguivo con la storia.

Qui non c’è un racconto, c’è la vita gente, i personaggi sono così vivi che ti sembra di averli vicino. Ti sembra di essere davvero a Fine-Mondo, a Fedic, nel Maine, davanti alla Torre Nera. Non c’è nulla di più vero di quello che prende prepotentemente vita dalle pagine di questo romanzo.

La lettura è qualcosa di strano, che ha fatto nascere in me emozioni contrastanti e che non ho molto cercato di conciliare. Da un lato avevo una voglia pazzesca di continuare, di non staccarmi mai dalla pagina per non spezzare l’incantesimo, di interrompere all’improvviso quell’assurdo viaggio a Contezza accanto a Roland che stavo conducendo attraverso le parole di Stephen King. Dall’altro però leggere diventava sempre più difficile mano a mano che la trama proseguiva, ogni evento era come un pugno in faccia. Non aspettatevi lieti fine gratuiti o risoluzioni facili, tutto ciò che può andare male va male e quel senso di vuoto che ti rimane nello stomaco quando dici addio agli amici più cari non vi lascerà mai dall’inizio alla fine.


Molto spesso emergono nella storia all’improvviso momenti malinconici che danno un sapore dolce alla lettura. Come quando tornano alla mente ricordi di tanti anni fa, e ci si culla nella loro serenità, così succede in certi punti del libro. L’esempio più lampante e più genuino, più evocativo e intenso, è proprio all’inizio, quando la tartarughina d’avorio di Padre Callahan viene paragonata alla barchetta di George Denbrough, che esce per sempre dalla storia alla fine del primo capitolo di It.

La trama è davvero ben realizzata. All’inizio pensavo che King avesse deciso di concentrare troppe cose nel volume finale, mentre avrebbe fatto meglio a dilazionare anche all’interno del sesto la risoluzione di qualche nodo principale. In realtà mi sbagliavo, le vicende si seguono in modo magnifico in un crescendo di tensione sempre maggiore e a ciascun evento è dedicato lo spazio necessario. Nonostante siamo al volume finale viene introdotta ulteriore carne al fuoco, e questo è bene, perché rende ancora più palpabile la tensione. Smettere di leggere diventa impossibile, le pagine sono un vortice di eventi che intrappola e trascina fino alla fine. I dolori di Roland e del ka-tet sono i dolori del lettore, e lo stesso vale per le gioie.

Viene introdotto un discreto numero di nuovi personaggi. Poi visto che stiamo leggendo un libro di Stephen King e non Bleach tutti questi personaggi sono ben caratterizzati. Una menzione va a parer mio a Pimli, il capataz di Algul Siento (il luogo dove sono tenuti prigionieri i Frangitori), che non è semplicemente un cattivone versione 2.0 ma ha una personalità precisa e anche con le sue particolarità. È un umano in mezzo ai mostri e a persone con poteri paranormali e si vede, si vede eccome!

Volete sapere di un personaggio che invece è particolarmente insignificante? Il Re Rosso. Appare venti pagine scarse e non fa niente se non attaccare Roland. Di solito l’antagonista finale si suppone che abbia una personalità un po’ più sfaccettata, ma bisogna anche considerare un fatto di importanza non trascurabile. Il Re Rosso è sì l’antagonista principale, ma diciamoci la verità: a chi fregava, mentre leggeva, sapere se sarebbe stato sconfitto, e a chi invece fregava arrivare finalmente in cima alla Torre Nera? La Torre batte decisamente il Re per quanto riguarda interesse e importanza, e questo lo riconosceva anche Stephen King. Per questo motivo a mio avviso non ha speso troppo tempo per caratterizzarlo in qualche modo particolare, perché alla fine della fiera quello che importava era ben altro.


Questa è senza ombra di dubbio la degna conclusione che la serie meritava. Un romanzo in cui vengono risolte tutte le questioni aperte (compresa quella con Randall Flagg, ancora in ballo da L’ultimo cavaliere) ma che contemporaneamente offre nuovi dubbi e nuove domande, che aggiunge molti elementi nuovi al mondo di Roland e che allo stesso tempo riesce a creare forti collegamenti con romanzi di Stephen King che lo hanno preceduto. È il punto di incontro di tutto l’universo che King ha creato nel corso del suo lavoro di scrittore, il centro attorno al quale vortica la sua fantasia.

Un senso di smarrimento vi accompagnerà per la lettura aumentando sempre di più mano a mano che proseguite, e quando arriverete al finale sentirete sulle spalle anche voi il peso del lungo viaggio, rimarrete desolati davanti a ciò che sta succedendo e alla fine non potrete che convenire che, come dice Stephen King stesso, che sia bello o brutto, originale o banale, quello non poteva che essere l’unico finale della serie.

A dirla tutta esistono due finali, uno dedicato ad alcuni personaggi, un altro ad altri. Entrambi sono intensi, inaspettati (specialmente il secondo!) e coerenti con tutto il resto. Non credo che qualcuno al mondo abbia ascoltato l’invito di Stephen King scritto tra il primo e il secondo finale, per quanto fosse molto sentito. Insomma, dopo sette volumi non si può non volere arrivare in fondo!

Volevo infine approfittare di questo spazio per dire due parole sulla serie in generale, ora che siamo giunti all’ultima recensione. La saga della Torre Nera ha alti e bassi, questo lo sapete. Il primo libro detiene la medaglia d’argento come peggior libro recensito finora su questo blog, l’ultimo al contrario è tra i migliori. Ma questo non importa, perché gli alti non soltanto controbilanciano i bassi ma anzi, ne avanza per i beati. La Torre Nera non è una saga epica nel senso che segue vicende che hanno luogo per centinaia di migliaia di anni in una terra fantastica, né perché ha come protagonisti un gruppo di eroi votati al bene per principio. È assai distante, almeno sotto questo punto di vista, dal fantasy in stile Tolkien, nonostante questo resti un modello dichiarato e imprescindibile. Tuttavia è epico perché racconta la storia di cinque figure grandiose, cinque persone che si imprimeranno nel cuore del lettore come se questi li conoscesse da una vita, che sono molto più vive di tanti che si credono vivi e che invece si limitano ad occupare spazio. Il più grande punto di forza della serie è proprio il ka-tet, l’amicizia (anche se parlare di amicizia è riduttivo, il ka-tet è molto di più!) tra Roland, Jake, Oy, Susannah ed Eddie. Dopo viene tutto il resto.

La trama prosegue in modo discontinuo e affatto calcolato, ma non è importante. La scrittura è straordinaria. Leggetela, fidatevi, leggetela, e non ne resterete delusi. Viaggerete nei mondi più disparati, vivrete vite che mai avete immaginato al fianco dei vostri compagni più fedeli, che non vi lasceranno mai. Siete ka-tet, siete uno di molti. Questa è la vostra forza.

Zio Steve dopo aver visto il voto in fondo all'articolo.

IN CONCLUSIONE


Dico la verità, mi dispiace concludere questo gruppo di recensioni, mi ha permesso di trascorrere ancora un po’ di tempo insieme al mio Dihn Roland e agli altri. Mi ha anche permesso di riscoprire che cosa ho amato di questa serie e di cercare di trasmetterne un po’ anche a chi mi legge. So di non esserci riuscito, ma perché l’unico modo per capire davvero che cosa sia la saga della Torre Nera è leggerla.

Voglio infine ringraziare Stephen King per aver scritto questi libri. Non lo faccio perché spero che mi legga, è ovvio che non mi leggerà mai, ma lo ringrazio lo stesso, perché se ho potuto sognare per un po’ è tutto merito suo.

A Stephen King io dico grazie.

Lunghi giorni e piacevoli notti.

VOTO:

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