domenica 21 maggio 2017

Recensione - Hunter x Hunter di Yoshihiro Togashi

Che Hunter x Hunter mi piaccia penso non sia un mistero per nessuno. Voglio dire, basta guardare il metodo che uso per dare i voti ai manga per accorgersene. Se ho deciso di parlarne è perché non può mancare su questi schermi la recensione di quello che è a tutti gli effetti il mio manga preferito, la ragione, potremmo dire, che mi ha spinto a leggere manga. Se nel lontano settembre 2007, in vacanza al mare, mia mamma non avesse comprato il volume 18 di Hunter x Hunter per farmi una sorpresa (all’epoca guardavo l’anime su Italia 1), probabilmente ora la sezione manga di questo blog non sarebbe aperta. Quindi questa recensione non vi dirà molto di più sulle mie opinioni di quanto già non sappiate, ma vuole essere un tributo a un manga straordinario. E una viva esortazione a leggerlo.
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Titolo: Hunter x Hunter
Autore: Yoshihiro Togashi
Anno: 1998                                                   
Volumi: 33 (in prosecuzione quando a Togashi viene voglia di lavorare)
Editore: Planet Manga




TRAMA

Gon è un ragazzino che vive con sua zia sull’Isola Balena. Non ha mai conosciuto suo padre Jin, che lo ha abbandonato in fasce per continuare a svolgere il suo mestiere, l’hunter/cacciatore, un lavoro assai ambito che, in parole povere, consiste nell’occuparsi delle questioni più disparate (ecologia, archeologia, cattura dei criminali, scienza, biologia, e quant’altro) ma in modo avventuroso e spesso anche pericoloso: i cacciatori non sono studiosi quanto piuttosto ricercatori sul campo, avventurieri sempre in cerca di nuove scoperte e nuove conoscenze nel loro ambito lavorativo. Il padre di Gon è uno dei più grandi cacciatori del mondo, ed  è per conoscerlo che Gon decide di sostenere l’esame per diventare cacciatore a sua volta. Lungo la strada verso il luogo dell’esame conosce Leolio, all’apparenza superficiale e orgoglioso che vuole essere hunter solo per soldi, Kurapika, freddo e calcolatore che vuole diventare hunter per vendicare lo sterminio del suo clan, e soprattutto Killua, un ragazzino della stessa età di Gon che  nasconde più di un segreto sul suo passato.

L’esame da cacciatore è solo il primo passo che conduce Gon sulle tracce di suo padre, ma è qui che il ragazzino fa la conoscenza di alcune persone che sarà destinato a incontrare di nuovo: oltre al presidente degli hunter Netero, lo spietato e sadico Hisoka.

Hisoka che corre al pc a leggere la recensione.

LA MIA OPINIONE


Sono quasi certo di poter indovinare quello che avete pensato leggendo la trama. È banale. Questo vi siete detti. Non ve ne faccio una colpa. Succede a tutti. Perché è la verità, le premesse sono quanto di più banale io riesca a pensare. È quello che viene dopo che rompe gli schemi.

Hunter x Hunter si distingue dalla maggior parte degli shonen di combattimento per tutta una serie di caratteristiche. Intanto è vero, si combatte ma relativamente poco. Quest’aspetto non è preponderante come in molti altri shonen di successo, in cui i combattimenti sono uno strumento fondamentale per permettere alla trama di proseguire, dove non costituiscono addirittura la trama stessa. In questo momento sto pensando a Le bizzarre avventure di Jojo, ma in realtà ce ne sono molti altri di questo genere. Bé, Hunter x Hunter si distacca da questo modello, e si sviluppa intorno a una trama complessa che accoglie anche delle situazioni tipiche dei thriller: abbiamo i pedinamenti, la consegna degli ostaggi, le trattative con il nemico, ma anche le prove psicologiche, gli agguati, i personaggi che si infiltrano nel covo del nemico, e quant’altro. La tensione diventa in questi momenti palpabile, fuoriesce dalla pagina e conquista il lettore. Quando ci sono combattimenti, sono più che altro l’esito della situazione, il momento culminante di una vicenda che non può che concludersi così. In Hunter x Hunter non capita quindi sempre che qualunque situazione si risolva a mazzate, ma spesso le cose prendono direzioni più complesse. Senza contare che Togashi respinge quel modulo tipico dello shonen (di cui ho parlato anche nel post di qualche tempo fa) che prevede che i combattimenti siano tutti uno contro uno, anzi, capita spesso che un personaggio solo si ritrovi ad affrontare più di un avversario contemporaneamente. Quando ci sono i combattimenti uno contro uno, questa situazione riceve una spiegazione realistica e sensata, che di solito è che separare degli alleati rende la vittoria più facile che se si combattesse in gruppo, e non “questo è il suo combattimento”, come invece succede sempre, per esempio, in Bleach.

In secondo luogo, i personaggi hanno una psicologia complessa e approfondita. Scordatevi le macchiette alla Hiro Mashima o i classi personaggetti da shonen senza infamia e senza lode. In Hunter x Hunter ognuno ha la propria personalità, e molti subiscono una crescita non indifferente nel corso della storia. Posso citare molti esempi ma quello più convincente è Killua, che, se all’inizio pare molto sicuro di sé, si rivela invece come uno dei personaggi più fragili della storia, ed è costretto a prendere tutta una serie di mazzate dalla vita prima di riuscire a tirare fuori la grinta e a smettere di fuggire di fronte alle difficoltà.

Non fidatevi di Hisoka se vi chiede una mano..

I rapporti tra i personaggi sono descritti in modo magnifico. L’amicizia tra Gon e Killua è sincera e sfaccettata, è un’amicizia vera, reale, una di quelle che potremmo vedere nella vita di tutti i giorni. Un’amicizia non priva di ombre come si scoprirà con il procedere della storia, ma che comunque riesce a mantenersi salda e alla fine diventa occasione di crescita per entrambi. Se all’inizio, come Gon stesso ammette, lui è quello impulsivo mentre Killua quello con la testa sulle spalle, presto le cose non si riveleranno così bianche e nere e sarà proprio questa un ottimo momento per tutti e due per riparare a certi propri difetti.

Mano a mano che la storia prosegue il numero di personaggi aumenta in modo esponenziale, e Togashi riesce a renderli tutti ben caratterizzati. Sono veramente pochi i personaggi privi di personalità e piatti come una sagoma di cartone, i più sono davvero ben fatti. Anche quando Togashi introduce tanti personaggi in un colpo solo poi si prende la briga di soffermarsi su ciascuno di loro e descrivere bene il suo carattere. Ne sono un esempio le formichimere, che, nonostante siano davvero molte e siano pure dei nemici, quindi un qualunque altro autore di shonen non avrebbe esitato a caratterizzarli in modo stereotipato e sbrigativo, hanno invece personalità sfaccettate e a volte anche non scontate.

Già che ci siamo dico due parole sugli antagonisti. Una delle cose ottime di Hunter x Hunter è che gli antagonisti non sono cattivi cattivoni che vogliono conquistare il mondo perché sì, né persone pronte a farsi le scarpe l’uno con l’altro, o esseri crudeli che uccidono i loro compagni come mosche e poi sghignazzano davanti ai loro cadaveri. Prendiamo ad esempio la Brigata Fantasma. I membri della Brigata sono uniti da un legame solido e sincero, sono tra di loro amici, non semplicemente compagni. Non sono cattivi in assoluto, anzi, viene spesso mostrato il loro lato umano e solidale. Con questo non intendo dire che viene mostrata la loro triste storia che li ha resi cattivi, perché questo, oltre che essere di suo qualcosa di già visto, servirebbe ad attirare la pietà dei lettori ma li dipingerebbe come cattivi. I membri della Brigata invece piangono per i propri compagni, scendono a patti con i nemici per loro, scherzano, si prendono in giro, sono leali e fedeli. Questi loro sentimenti sono descritti così, come vengono descritti quelli dei protagonisti. Un personaggio come Pakunoda è di gran lunga più umano e di animo gentile di Kurapika, che è uno dei protagonisti eppure è peggiore di lei. E questo avviene in modo naturale, non c’è un’enfatizzazione da parte di Togashi del capovolgimento dei ruoli, non c’è bisogno di sottolineare questa differenza (come invece avverrà nella saga delle formichimere, ma questo per altri motivi). Sia Kurapika che Pakunoda sono persone, e in quanto tali nessuno di loro due è perfetto, e soprattutto non è scritto da nessuna parte che Kurapika debba essere migliore solo perché è un protagonista.

Hisoka mentre lancia iper raggio.

Come logica conseguenza di quello che ho appena detto, bene e male non hanno un confine netto e definito. I protagonisti non agiscono nel giusto necessariamente, e nella saga delle formichimere, quando a venire protetto è l’interesse di un paese invece che quello del gruppetto di Gon e compagni, questo diventa chiaro. La figura del Re delle formichimere ha questo come solo scopo, capovolgere del tutto la figura del nemico malvagio che vuole conquistare tutto, trasformandola in quella di un sovrano illuminato, che si trova a scontrarsi contro i protagonisti che, volendo mantenere l’ordine costituito, di fatto rinunciano a intervenire sulle contraddizioni e le ingiustizie della società. L’uomo è malvagio e questa malvagità risiede in lui naturalmente è la banale conclusione, ma non è banale il suo raggiungimento, il modo in cui viene presentata e l’operazione che viene effettuata attraverso i personaggi. Non è banale di suo ed è ancora meno banale in uno shonen. Il Re è poi un gran personaggio, approfondito e caratterizzato, la cui crescita interiore è descritta in modo stupendo, tanto quanto il suo rapporto con Komugi, la ragazzina che gli farà capire nuove cose sugli esseri umani. Anche le tre guardie reali contribuiscono a questo capovolgimento, e sono tra l’altro tutte e tre dei personaggi molto ben riusciti, ma la figura del Re è decisamente più incisiva.

La trama, a parte all’inizio, non è affatto banale. È imprevedibilie e coinvolge il lettore con grande facilità. Molto tempo è dedicato ai ragionamenti e alle strategie, ma anche, in particolare nella saga ora in corso, alle discussioni burocratiche e ai rapporti tra paesi. Riesce a essere originale tanto che a partire da un certo punto Gon passa in secondo piano, un’intera saga ha Killua per protagonista con Gon relegato a figura che non ha alcuno svolgimento attivo nello sviluppo della storia pur essendo fondamentale, e poi nell’ultima, quella in corso, addirittura appare soltanto in un capitolo, e in maniera molto marginale. È chiaro che a Togashi un protagonista troppo shonen come Gon sta stretto (riesce a gestire molto meglio Killua, la cui psicologia evolve in modo perfetto), e per questo lo ha fatto passare in cavalleria rispetto ad altri personaggi che invece gli vanno più a genio. Di certo Gon riapparirà in qualche modo, e sono davvero curioso di sapere come.


Dicevo che i combattimenti non sono una parte fondamentale della trama. È vero, ma va aggiunto altro: sono del tutto basati sulle strategie. Infatti, manco a dirlo, i combattimenti di Hunter x Hunter mi piacciono tantissimo. Ce ne sono alcuni pazzeschi, ma sul serio, non sono brillanti come quelli di Jojo, nel senso che quelli di Jojo, sono sempre assurdi e strani, ma sono coinvolgenti, dannazione, ed estremamente geniali e ben realizzati. Sto pensando al combattimento tra Quoll e Hisoka raccontato nei capitoli che non sono ancora stati raccolti in volume, gente, quello è straordinario. I combattimenti di Hunter x Hunter sono il massimo, non ne troverete di migliori da nessun altra parte. Sul serio. Tra l’altro, anche qui, come in molti altri shonen, i personaggi hanno poteri particolari. Qui sono chiamati Nen, ovvero in poche parole una specie di forza vitale. Il Nen è però diverso dai poteri tipici shonen. Intanto, è molto più articolato e caratterizzato, ha moltissime regole e moltissimi utilizzi che vengono tutti spiegati. Non è come l’aura di Dragon Ball, per dire, con cui alla fine ci puoi fare quello che vuoi, da lanciare onde energetiche a trasformare la gente in caramelle. Il Nen ha dei confini ben precisi, ma questo lo rende paradossalmente molto più interessante, perché il lettore stesso può seguire quello che sta succedendo cercando di indovinare in quale modo i personaggi faranno per ostacolare i poteri avversari. L’autore dimostra la sua bravura proprio così, facendo delle regole un punto di forza, e delle limitazioni un mezzo per coinvolgere il lettore.

Una cosa va nominata, ed è una nota dolente. I disegni sono scostanti. A me il tratto di Togashi piace, ma obiettivamente spesso non sono il massimo. Quelli usciti su Shonen Jump in certi punti sono proprio osceni. Questo è dovuto un po’ ai problemi di Togashi, che soffre moltissimo i tempi stretti della pubblicazione. Io nella scheda iniziale facevo ironia su questo, comunque è indubbio che Togashi abbia dei problemi reali. Certo, qualcuno la chiama svogliatezza. Può essere, io non lo credo, penso solo che sia un buon modo per fare battute, ma di certo non rispecchia una situazione reale.

A volte però a rendere brutti i disegni non sono i problemi dell’autore. Per esempio, il capitolo 337 ha dei disegni pessimi, ma in questo caso io sono sicuro che sia una scelta voluta. Ragioniamo. Il capitolo 337 contiene un complicato discorso sull’anima, sulla vita, sulla redenzione e sulla possibilità o meno di cambiare la propria vita. Quindi porca miseria, e sì, mi arrabbio perché ho letto gente che criticava questo capitolo in ogni modo possibile, se Togashi lo ha disegnato male non è perché non ne aveva voglia, per una volta non è per quello, è perché voleva che il lettore si concentrasse sui contenuti. Si vede, gente, si vede palesemente, alla fine c’è perfino una tazza con i bordi storti, ci mancava solo che scrivesse all’inizio “GUARDATE CHE L’HO FATTO APPOSTA”! Perché se la saga delle formichimere ha dei significati, sono contenuti tutti nel dialogo tra il Re e Netero e in questo capitolo. E anzi, visto che il capovolgimento delle prospettive di bene e male è operato un po’ ovunque nel corso della storia, oserei dire che la redenzione e la possibilità di cambiare la propria vita è il tema principale della saga delle formichimere, un tema che emerge abbastanza tardi, è vero, ma è sufficiente. Che cosa fa il Re, se non trovare un senso alla sua vita? Che cosa fanno Yupi e Wapf, se non trovare un senso alla loro vita? Che cosa fa la formi chimera Koala, se non trovare un senso alla sua vita? Certo, ciascuno di loro lo fa in un modo diverso, chi lo trova nell’accettazione dell’altro, chi nell’amore e nella devozione, chi nella sincerità e nel lavoro faticoso di riparazione ai propri errori.

Alla fine Hunter x Hunter è proprio questo. Un fumetto che parla di avventure, di azione, di combattimenti, di misteri, che rifugge le divisioni e i giudizi facili per offrire una visione delle cose problematica e grigia, ma anche che mano a mano che prosegue vuole parlare della vita e della crescita. Io voglio essere come Jin, lo so che non è una brava persona, ma è sempre alla ricerca di qualcosa, di un obiettivo. Sa come godersi la vita, sa come seguire la propria strada e sa che in ogni cosa si può trovare uno stimolo per andare avanti. Ed è a questo che esorta Gon: a trovare la propria via, raccogliendo sempre nuovi sproni, nuove cose che vale la pena conoscere, nuova bellezza e nel frattempo crescere. La curiosità è la cosa che caratterizza la maggior parte dei personaggi di Hunter x Hunter, da Hisoka a Jin a Netero al Re e a tanti altri. Alla fine, questo è quello che può dirci. Siate curiosi, mettetevi a prova. Scoprirete sempre qualcosa di nuovo. Dietro ogni curva c’è qualcosa di ancora più interessante che potete conoscere.

      IN CONCLUSIONE

Ho già parlato troppo. Ma il fatto è che Hunter x Hunter è spettacolare, e non lo dico solo perché per me ha un enorme valore affettivo. Anche per quello, ma anche perché davvero merita molto. Perciò seguite il mio consiglio. Leggetelo. Spendete bene quel poco di tempo libero che avete e non resterete delusi, non potrete far altro che farvi conquistare da Gon e dal suo mondo, dall’amicizia sua e di Killua, dalla crudeltà di Hisoka, dall’umanità del Re delle formichimere, dal mondo così realistico e al tempo stesso magico che prende vita nelle pagine di questo fumetto.

IL GIUDIZIO DI HISOKA:

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